martedì 7 luglio 2009

Caserta

A coloro che hanno combattuto per tornare
A quelli che non ci hanno creduto e sono rimasti


Quando vado a riprendere la moto e taglio a piedi la città mi accorgo che si sono fatte quasi le nove di sera. Lo capisco perché in giro c’è poca gente. La calura sembra non voltarsi al richiamo insistito del notturno e pare volersi trattenere più del solito stasera. Non ha voglia di dare il cambio al refrigerio estivo che di solito si affaccia, almeno a quest’ora. I lavori al pavimento di porfido e pietra impediscono alle auto di circolare e la cappa di afa è un tetto troppo vicino alla mia testa, un peso tremendo che grava sul mio corpo, sulle mura spoglie intorno e sui palazzi inermi. La città è incubata nel silenzio preserale, accantonata in una dimensione ferma e ovattata, come un ascensore che non sale, rimasta bloccata sul pianerottolo del tempo. Intorno è come se tutto ciò non fosse, pur essendolo. Tutto è immobile e pesante, e sembra irreale, sudato e sospeso. Eppure qualcosa si muove, anche se a rilento.
E’ quasi notte ma potrebbe essere anche appena spuntato il giorno. Non siamo a Rotterdam. Caserta resta Caserta. Fuori al Bar un gruppo di persone sorseggia qualche birra attorno ad un tavolino mentre qualcuno ha preso una pizza da asporto e affretta il passo per guadagnare la frescura dell’androne e l’agio degli infradito e della poltrona in pelle. La libreria è ancora aperta, ma è vuota. Alzo gli occhi e mi accorgo per la prima volta che questa città è una sconosciuta incantevole e che la noto soltanto oggi, dopo aver attraversato i suoi profili per oltre trent’anni. Forse è la prima volta che non abbasso gli occhi, o probabilmente è la prima volta che i miei occhi vedono, non so dirlo. I palazzi del Corso richiamano le tinte di un tempo, dei palazzi di corte, ai tempi delle dame e di ricami. Le cornici delle finestre sono intarsiate di rivoli e merletti risvoltati in stile neoclassico. La cura dei particolari e l’attenzione per i colori non è roba da poco. Altro che città distratta, queste strade hanno annotato tutto, compreso il tempo che non si vede. Non torno a casa, mi addentro nella parte vecchia, nei vicoli con le mura sporche e desunte, dove qualche palazzo conserva gelosamente ancora qualche crepa, dove l’umidità si fa ostica e si respira sudore a stento. E’ il centro storico ed è come se all’improvviso, senza volerlo, si fosse riavvolta la macchina del tempo. Andare per i vicoli mi riporta alla memoria di questa città, alla sua storia mai urlata, ai bisbigli e alle sue paure nascoste nei volti di coloro non hanno mai amato questi posti perché non li hanno mai conosciuti e sono scappati troppo in fretta. Via San Carlo è rimasta intatta e si intravedono i cortili con le fontane di pietra ed il pavimento in ghiaia. I balconi sono orfani dei gerani, ma in compenso mantengono la struttura in ferro, quella di una volta. Nella piazza dove un tempo era il mercato dei bastioni oggi c’è la piazza del Mercato come a voler continuare la vocazione di quel luogo. Se da un lato la nuova costruzione riporta ad una moderna architettura berlinese dall’altro invece prorompe la casa del Fascio, un edificio di epoca mussoliniana che si erge maestoso nell’angolo a sinistra. Un’accozzaglia, un azzardo che altrove sarebbe arte mentre dalle parti nostre è solo indifferenza, sommersa dalla disattenzione e dal pregiudizio consumato. Nel sottosuolo della piazza resiste e brulica l’attività frenetica del mercato coperto.
Svolto verso quella che un tempo era Via Iolanda, oggi Via Mazzini, cuore storico della Città ed immagino cinquant’anni fa i commercianti eleganti baffuti e benvestiti che fumano sigari fuori alle botteghe protette dai teloni e dalle tende, sotto un cielo grigio azzurrognolo carico di afa e gonfio di umidità, molto simile, se non del tutto identico a quello di stasera.

6 commenti:

  1. Caserta non è solo un paese dormitorio, ma una realtà provinciale media con culture suburbane, forti anche dell'influenza napoletana, talvolta all'avanguardia. Pensa a tutti i giovani che scrivono, dipingono e suonano, quanti ragazzi hanno formato band che non hanno nulla da invidiare a quelle dell'underground milanese, romano o napoletano? O writers che sono tra i migliori d'Italia? O il numero di associazioni civili? Giosef, Arci, Legambiente, Arcigay, wwf, comitato no macrico, due centri sociali, associazioni per il territorio, etc. che proporzionalmente alla popolazione sono di fatto tante, forse proprio per compensare la carenza istituzionale.

    Caserta ha partorito anche talenti ormai internazionali, Tony Servillo e Roberto Saviano. Una città che per la sua medietà ha slanci verso la grandezza e fornisce gli strumenti per elevarsi.

    Una città dove la mancanza di oppurtunità fa sì che per riuscire si debba necessariamente essere grandi.

    Giusto un po' di tempo fa mi ero trovato a scrivere sulla bellezza dei paesaggi andalusi, ma pensando anche a Caserta
    http://hcgeneration.blogspot.com/2009/05/bellezze-andaluse.html.

    Ed è venuta fuori una riflessione nata grazie anche a racconti antichi. Avendo genitori casertani, ho ricevuto un'immaginario che può essere solo tramandato da genitori o nonni cresciuti a Caserta. Infatti penso ai racconti di mia zia e mio padre su Caserta come città giardino dai grandi antroni in cui tutti avevano il proprio orto ed il proprio cortile...prima che diventassero parcheggi, racconti di una comunità unita, come la festa di S. Anna quando era ancora una festa degna di questo nome, prima dei palazzinari prima degli anni Sessanta. Via ROma alberata, il viale davanti la Reggia alberato, alberi secolari, la piazza della Stazione pedonale. Immagini di una città in bianco e nero di soli 50 anni fa.

    Immagini da cui potremmo ripartire per recuperare la bellezza e con essa il senso di comunità. Soli 50 anni fa, potrebbe essere un buon punto di partenza per ricreare cosa hanno distrutto sulla base di ciò che resta.

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  2. Sarà. Ma a parte Servillo, Saviano e la Reggia, intorno c'è solo uno schifo pazzesco. La gente è orrenda, e chi resta spesso diventa parte di questo schifo. Bisogna andarsene, magari per tornare, ma davvero Caserta è città di fallimento corruzione e mediocrità e scrivere ste lodi a caserta è un modo per raccontarsela e dirsi "non so capace ad andarmene almeno mi invento un modo per divenire capace di restare".

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  3. io non credo che il punto sia andare o tornare, cambiare o non cambiare, le scelte di ognuno sono le scelte di ognuno e pertanto restano tali. Il giudizio a sé su una città non cambia le cose, i commenti positivi o negativi non servono...bisogna muoversi secondo le proprie emozioni sperando che almeno esse creino qualcosa di positivo...
    io non mi sento di giudicare una città secondo il mio rapporto con gli altri(persone), io la giudico con il mio rapporto con essa..ed è totalmente soggettivo...
    anna

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  4. Gente orrenda....generalizzazioni un po' forti, il provincialismo forte di qualsiasi realtà provinciale è lo stesso da Caserta a Crotone, da Trapani a Brescia, dalla Francia rurale al Belgio, dalla Spagna alla Polonia.....questo non fa Caserta peggio di altri posti, e non ci sono ragioni per cui non possa essere migliore. La vita provinciale ha anche i suoi aspetti positivi, sono fasi della vita, per vederle bisogna appunto aver fatto altre esperienze in realtà ben diverse: rigettare la propria città, fuggire semplicemente da essa mi pare una fuga sull' Aventino della propria coscienza.

    Partire sì, fuggire no.

    Come tutte le avventure umane, esse non sono eterne, la corruzione e la mediocrità non sono onnipresenti, partire per poi tornare, aprire tramite le proprie esperienze territori che altrimenti rimarrebbero chiusi. Aprendo un territorio si possono attirare ed innescare fortissime energie. Gli effetti impredicibili.

    Ed infine, penso che la città sia in quanto tale sempre anche in rapporto alle persone che ci vivono. Sono gli uomini che fanno di uno spazio un luogo, vedendolo bello o brutto, utile od inutile.

    Acoltando persone di vecchie generazioni, Caserta di certo non era vissuta come la gabbia che oggi è per tanti giovani. Non ci sono ragioni perchè non cambi. Rimane cmq alle persone cambiare tutto ciò.
    Casomai partendo proprio dal diritto alla bellezza.

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  5. Mi arrabbio moltissimo, mi rammarico ancora di più...ho deciso di non accogliere più nè come considerazione nè come puro commento chi si scaglia contro chi soffre di grosse malattie.
    Chi scappa dal diverso perchè ne ha paura..chi non ama più la madre che l'ha partorito.
    Si, ognuno fa le sue scelte, ognuno è libero di esprimere, parlare, fuggire, giudicare, tornare..
    Perciò io giudico ORRENDO chi dichiara ORRENDA la propria terra!
    Casertani, ma chi siete voi veramente? Chi vi rappresenta? Chi vi identifica come tali?
    Casertani, sempre tali rimarrete, perciò, mi dispiace per voi, dalla natura non si prescinde.
    La mia natura mi ingloba, la mia natura è casertana..ma a questo punto il dubbio mi assale!
    Sono o non sono un casertano? Chi è il casertano? Chi non è?
    Ma vi prego, se avete questa risposta, se qualcuno conosce la verità, non me la venite a dire, non la voglio sapere!!!
    Preferisco restare nel dubbio e nel frattempo godermi questa meravigliosa e stronza città!
    E coime mi piacciono le stronze...!!!

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  6. che schifo essere casertano. è come dire sono un mediocre senza speranza. a volte le città sono sinonimo di un carattere. e caserta mi ricorda questo.

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