domenica 24 maggio 2009

Scalzatoio





Scalzatoio è una frazione di Piana di Monteverna, una manciata di case sparse, come il grano per le galline, dopo la curva sulla strada che da Caiazzo conduce a Villa S.Croce. Scalzatoio non c'è e non esiste sulle cartine stradali. Scalzatoio è un'invenzione. Scalzatoio è solo un numero molto piccolo, una frazione fratta. Scalzatoio è uno dei tanti nomi epici che si incontrano dalle nostre parti; appartiene alla stessa famiglia di Strangolagalli, Liberi, Quattroventi, Fontanagreca, Capriati al Volturno, Prata Sannita, Caiazzo, Rocchetta e Croce, Pontelatone, Calvi Risorta, Castel di Sasso e Baia e Latina. La strada asfaltata che un tempo gli abitanti di Villa S.Croce percorrevano per arrivare a Caiazzo terminava proprio dove oggi c'è Scalzatoio e da quel punto le persone che dovevano scendere erano costrette a togliersi le scarpe ed a proseguire scalzi, con i piedi affossati nella fanghiglia e nella terra viva. Per questo il suo nome, Scalzatoio. Invece di imboccare la via che conduce nel cuore del paese di Villa S.Croce, svolto a sinistra, “corrotto” dall'insegna gialla che indica Mura Benedettine. Una grande strada per chi guida in moto. Salgo, continuo ad arrampicarmi un paio di curve a gomito e arrivo nei pressi del polveroso parcheggio del cimitero di Villa S.Croce. Da lontano si sente il brontolio di voci che arriva dalla pancia della montagna. Sulla sinistra in cima ad un picco rotondo della collina ci sono le mura e soprattutto il sentiero che conduce sulla vetta. Parcheggio la moto e proseguo a piedi. Il passo è duro, non ho le scarpe adatte ma in compenso ho tanta energia da liberare. Il respiro si fa faticoso, l'andatura pesante. Saranno in tutto duecento metri. In salita. Incontro qualcuno che scende, che mi consiglia di procedere a zig zag, e mi ricorda che sono solo a metà percorso. Quando arrivo in cima vorrei buttarmi sul prato e rotolarmi fino a cadere giù, sospeso. Invece allaccio il giubbotto di jeans in vita e siedo su una pietra. Guardo un paesaggio che non può essere descritto. Si vede tutto, anche Capri si scorge da quassù. Mi sembra di essere molto in alto, troppo. Il Volturno è una piccola venuzza, mentre le auto sembrano formiche minuscole. L’orizzonte è un panorama sconfinato ed immenso. Mi siedo e sento arrivare la sensazione di sempre, quel calore che ormai riconosco, e che mi spinge a spalancare i polmoni e a respirare avidamente. E niente di più.

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