"O Tosco che per la città del foco
vivo ten vai così parlando onesto,
piacciati di restare in questo loco.
La tua loquela ti fa manifesto
di quella nobil patrïa natio,
a la qual forse fui troppo molesto"
(D.Alighieri - Canto X - Inferno)
Il lago di Corree di Marzano Appio è un lembo d’acqua sbocciato all’improvviso nella roccia granitica di uno dei crateri del vulcano di Roccamonfina. Una delle tante scommesse ignote e maldestre di questa terra, un itinerario unico in un luogo fatato e magico che si incontra soltanto se l’ostinazione e la determinazione riescono ad avere la meglio sull’incuria e sulla dimenticanza che cingono e avvolgono questo angolo ameno e schivo.
Se si cerca su google “Lago di Corree” si trova un solo link: è un video di diciassette secondi, una panoramica silenziosa del lago firmato da un commento che non lascia alcun dubbio:
Non scherzo nel dire che per me è il posto piu bello del mondo.
Mi basta questa soffiata.
Quando mi fermo a Vairano Scalo so di essere nei pressi del lago, ad un paio di Km, non di più.
Ma l’uomo sulla quarantina a cui chiedo informazioni mi spiazza, mi dice che lui è nato a Vairano ma non conosce affatto l’esistenza di un lago nella zona.
Procedo ancora sulla Casilina, oltrepasso il bivio per Marzano Appio e alzo il livello di guardia. Dovrei esserci, lo so. Nei pressi di un cassonetto dell’immondizia posto sul ciglio della strada, davanti all’unica abitazione disabitata, scorgo un pannello che indica un percorso di trekking per escursionisti. Mi fermo e faccio caso che su un pezzo di legno grigio e rinsecchito c’è scritto qualcosa, un’indicazione forse. Devo avvicinarmi per leggere che la scritta intarsiata tra le venature arse e corrose segnala Lago di Corree.
Imbocco la stradina e avanzo per un paio di Km. Quando l’asfalto termina, mi imbatto in un percorso di polvere e pietre chi si dipana tra un enorme frutteto, tra filari di meli e peschi esposti sotto un sole cocente e secco. La moto fatica e strappa, procedo ancora un po’ fino a quando non arrivo davanti ad una casa colonica enorme. La casa è senza porte, aperta e disabitata. E’ un deposito e non c’è nessuno. Capisco di aver sbagliato e torno indietro, sperando di prestare maggiore attenzione e magari notare qualche insegna che mi è sfuggita. Mi ritrovo al punto di partenza, davanti al cassonetto e all’indicazione sbiadita. Attraverso
C’è un tavolo vecchio e solo, abbandonato sulla sponda del lago, che ha imbarcato solo fango e qualche avanzo di sole, che ha l’aria di non essere frequentato parecchio.