domenica 29 marzo 2009

Ailano – Pratella - Prata Sannita – Ciorlano – Fontanagreca (145Km)





Alla fine decido di partire, le previsioni tremende non trovano riscontro alla partenza e saranno definitivamente scongiurate cammin facendo da un sole a tratti anche caldo ed intenso. Oggi mi sono spinto fino a Ciorlano, avamposto matesino dell’alto casertano, poco prima dei confini con il Molise; sono passato per i borghi di Ailano, Pratella, Prata Sannita e Fontanagreca. Parto utilizzando la strada più veloce, come faccio sempre quando devo andare lontano. Dopo Caiazzo Alvignano arrivo ad Alife. Mi fermo al Bar “Cin Cin” per un caffè prima di proseguire per Ailano. La SS 158, una piccola route66 che prosegue da Alife fino a Capriati al Volturno, è un tragitto stupendo per chi gira in moto. Una striscia di asfalto dritta che taglia un paesaggio molto grazioso; a sinistra i monti trebulani e la parte sud del Monte Maggiore e a destra i massicci del Matese. C’è un bel sole e nell’aria si alza un profumo di legna arsa, un odore intenso di sterco di capra e un profumo umido di uva. Le parole arrivano sempre a descrivere una minima parte di una sensazione di un piacere immenso o di una grande emozione. Guardando la cartina avevo pensato di proseguire per S.Angelo d’Alife Raviscanina e procedere dunque per l’interno, ma il fascino che evoca sulla mia guida questa SS 158 mi induce a cambiare idea, quindi proseguo dritto. Svolto per Ailano al I bivio e comincio a salire e quando mi si presenta davanti agli occhi un borghetto molto grazioso e simpatico, arroccato sulla sua cima, resto sbigottito. Arrivo fin sopra la piazza e parcheggio la moto, uno sguardo alla torre baronale e poi mi perdo nei vicoli. Quattro chiacchiere coi vecchi che imprecano contro lo stato e le istituzioni per non aver saputo valorizzare questi posti così belli. Prima di ripartire mi affaccio dalla terrazza che dà su tutta la valle che guarda ai monti dirimpetto. Riparto e mi rimetto sulla statale che improvvisamente incomincia a salire e ad inerpicarsi. L’andamento diritto cessa e ci comincia un tratto di strada più curvilineo; comincia così una zona ricca di ruscelli corsi d’acqua e croste di montagna che scendono a strapiombo. Sono nella valle del Lete a dopo il simpatico borgo di Pratella arrivo a Prata Sannita, al borgo medioevale. Prima di salire sulla rocca a valle c’è uno spettaciolo che non posso perdere. Un pastore osserva il suo gregge di capre arrampicate sulle pietre che si trovano nel ruscello. Il corso d’acqua si spinge fino alla montagna, non prima di attraversare un ponticello in pietra. Sulla sinitra il borgo di Prata Sannita. Mi arrampico e giungo fino allo splendido Castello. Chiedo ad un vecchietto se è possibile isitarlo ma mi spiega che il castello è di un privato che consente l’accesso soltanto il secondo sabato mattina di ogni mese. Dopo aver fotografato il castello, mi addentro nei vicoletti. Sembra di essere all’interno di una grande casa e non all’interno di un paese. Le strade sono scalini e le porte sono tutte aperte. Non è ancora ora di pranzo ed il grande silenzio della montagna è rotto soltanto dal suono dello scroscio del ruscello che giunge dalla vallata; qualche donna è ancora alle prese con le pulizie prima di pranzo. MI faccio un giro e mi intrattengo a parlare con una donna di mezza età che mi spiega che il parroco della chiesa si lamenta da sempre perché il campanile sta crollando. Mi rimetto in sella e arrivo a Ciorlano dopo aver fatto rifornimento di benzina. Il paesaggio è tipicamente montano, i colori sono più intensi ed anche i profumi meno sfumati. Salgo sulla cima di quest’altro borgo. Faccio caso che tutti questi paeselli che ho incontrato sulla SS 158, che stanno in cima arroccati, mantengono sulla strada sia il campo di calcio che il cimitero. Nel paese cerco la piazza e mi suggeriscono di fermare la moto e salire a piedi per vedere le torri, le mura e la chiesa di sani Nicola. Una donna decide di accompagnarmi fino alla cima. E’ rumena e dice che Ciorlano l’ha folgorata ed ha deciso di venire a vivere qui. Arrivato in piazza si fa incontro un vecchietto panciuto che per spostarsi si fa aiutare da un bastone. Si siede accanto a me, guardiamo il paesaggio, le cime del Matese ancora innevate e lo scorcio panoramico. Mi dice che Le montagne non si incontrano mai ma gli uomini si e che a suo avviso guardare quel panorama è una fortuna che molti pagherebbero con un braccio. Aveva ragione. Antonio mi regala il racconto della sua vita. Ha un accento sporcato dall’inflessione anglosassone, ma un lessico molto dignitoso. Mi dice di quando emigrò 6 anni a Londra con i suoi genitori analfabeti, mi racconta di Città del Messico, di Tokyo, della Spagna di Nizza e ancora di Londra, di quando portava i turisti tedeschi da Sorrento a Letino. Comcincia a parlarmi in inglese e a farmi domande in inglese.
Sono le due, il sole picchia non c'è nessuno e sotto la torre di Ciorlano io e Antonio parliamo in Inglese. Mi saluta mi consiglia di vedere altre due torri e mi indica un buon ristorante dove mangiare una buona bistecca sulla strada di ritorno.

mercoledì 25 marzo 2009

Alvignano – Baia e Latina – Alife – Raviscanina (135Km) PARTE II












Torno indietro da Baia e Latina in direzione Alvignano e svolto sulla sinistra per Piedimonte Matese. Proseguo dritto per 5 km, oltrepasso il primo incrocio, ed al secondo, svolto a sinistra. Sono nel centro storico di Alife. Alife è un altro centro della provincia casertana, meritevole di menzione, per il suo immenso patrimonio storico e culturale. Indiscutibile il suo fascino, essendo la cittadina ed il suo nucleo storico racchiuse all’interno di un perimetro di mura risalenti all’epoca romana e con 4 porte che ne consentono l’accesso all'interno. Tale struttura è ancora visibile ed è tenuta in ottimo stato. All’interno del centro storico si trovano sia il Castello, anche se resta soltanto una torre ancora ben conservata, che il Criptoportico.
Rispetto agli altri castelli, quello alifano si differenzia dagli altri poiché si trova all’interno della città e non è arroccato. E’ chiaro che il rifacimento della struttura, avvenuto in epoca normanna, dovette avvenire su una struttura già preesistente. Tuttavia pur non essendo in cima come gli altri, anche la roccaforte di Alife aveva funzioni di difesa della città, essendo, il castello, dotato di torri massicce e di un fossato antistante.
All’interno del nucleo storico del paese c’è anche il Criptoportico, che al momento si sta cercando di riportare alla luce attraverso scavi e lavori di restauro. La struttura, a doppia navata, è stata localizzata al di sotto di alcune residenza abitative. Oltre a questi aspetti storici, il centro di Alife va ricordato per la tradizionale Festa della Cipolla, che si tiene di solito agli inizi di settembre, a cui i cittadini di Alife sono enormemente legati, ma che in questi ultimi anni sta riscuotendo un successo notevole anche “oltre le mura” mettendo in luce il lavoro dei produttori locali di cipolle. Tra i piatti maggiormente sponsorizzati durante la manifestazione quello principale è la "Cipollata", cipolle e fagioli condite con olio e spezie. Passaggio cruciale dell’evento è certamente la gara delle cipolle, in cui una giuria valuta e vota la cipolla più grande, quella più piccola e quella più strana.
Proseguo in direzione Capriati al Volturno verso Venafro. Devo arrivare a S.Angelo d’Alife per salire sul Castrum di Rupescanina che sorge sulla cima di una montagna e si affaccia sia sul territorio alifano che su quello di Raviscanina. Arrivati nel centro di S.Angelo bisogna proseguire fino ad uscire dal paese e dopo una curva si deve imboccare una strada in salita sulla destra che si vede facilmente. La strada che porta su alla rocca è fantastica con la moto. Un tratto molto suggestivo. La montagna scende a picco ed è caratterizzata da questi pini altissimi e dalla vegetazione molto fitta che crea zone d’ombra fantastiche, il tutto condito da un silenzio avvolgente e da un panorama che si affaccia sulla vallata che si rivolge a Letino e ai paesaggi del Matese. Il castello fa capolino all’improvviso tra le punte degli alberi.
La fortezza di Rupecanina dovrebbe essere stata costruita in epoca normanna, molto probabilmente sulla base di un’antica costruzione di origine longobarda. Il castrum di Rupecanina è circondato da due cinturee murarie che hanno un andamento ondulato. Da un lato la “cinta del borgo”, che racchiude l’intera fortezza, intesa non solo come il borgo rurale, ma anche una serie d’edifici signorili. La cinta del borgo ha una forma ellittica per una lunghezza di circa 800 metri ed è rinforzata da torri che distano 100 metri l’una dall’altra L’andamento planimetrico della cinta è condizionato dalla decisione di recuperare una cinta muraria sannitica preesistente, i cui resti furono infatti usate per sopraelevare la nuova muratura Un secondo recinto murario, che chiameremo “cinta del mastio”, circonda la rocca inglobando tutti gli edifici signorili. Tra le mura del castello edificio di notevole interesse storico-artistico è la cappella che conserva ancora oggi tracce di affreschi di notevole interesse storico-artistico, ma di difficile datazione.

martedì 24 marzo 2009

Alvignano – Baia e Latina – Alife – Raviscanina (135Km) PARTE I












Il post di oggi si riferisce ad un giro che mi ha colpito per tutta una serie di novità e sorprese che ho incontrato lungo la strada. Ho percorso l’itinerario Alvignano – Alife – Raviscanina (S.Angelo d’Alife) – Baia e Latina. In totale 135 km. Per arrivare ad Alvignano scelgo la strada più breve e veloce, ovvero direttamente da Caiazzo. Decido di accorciare stavolta e seguo l’itinerario canonico più veloce, anche se, sarebbe stato preferibile tagliare il Monte Maggiore da Liberi e Castel di Sasso, e percorrere la panoramica che scende fino a Dragoni. Un percorso assolutamente da segnalare per chi gira in moto, per chi intende godersi il panorama dall’alto. Appena arrivato ad Alvignano chiedo indicazioni per arrivare al castello. Una ragazza sorpresa dalla mia domanda, mi indica un percorso, ma mi ammonisce, ricordandomi che la strada per il Castello è difficile e complicata.
Alvignano è un paese che si sviluppa lungo la strada provinciale che da Caiazzo conduce a Piedimonte Matese; si trova alle pendici dei colli Trebulani ed è dirimpetto al Massiccio del Matese. Il nome Alvignano, dal latino medioevale Albinianum, che a sua volta nasce dal nome di Marcus Aulus Albinus, un aristocratico vissuto nel II secolo d.C., che divenne prefetto dei Breuci, e successivamente patrono del Municipio di Compulteria e di Alife presso Roma. Le origini di Alvignano sono da ricercare proprio a Compulteria, antica roccaforte sannita, che fu rasa al suolo durante la seconda guerra punica. Successivamente il ruolo di Compulteria fu di grande importanza per i traffici commerciali tra Alife e Capua. Il centro fu dapprima devastato dai Longobardi e successivamente distrutto dalle incursioni dei Saraceni. In seguito a questi eventi nefasti si sviluppò il borgo di Alvignano, prima suddiviso in vari casali che col tempo finirono col creare un solo borgo. Il nuovo centro divenne feudo dei Normanni, degli angioini e degli aragonesi e seguì le vicende storiche di tutte le terre meridionali.
La strada che mi indica la ragazza taglia in maniera perpendicolare l’asse principale della provinciale. Dopo il benzinaio IP svoltare a sinistra e salire sempre. La sosta alla splendida chiesa dell’Annunziata è d’obbligo. Lo stile barocco della facciata è intatto ed il suo fascino è notevole. Continuo la strada che diventa brulla insidiosa e complicata anche per le ruote della mia Yamaha. Mi arrampico, stando attento ad evitare anche il tentativo di qualche cane randagio di mordermi le caviglie. Lo spettacolo che mi trovo davanti mio lascia letteralmente sbigottito e senza fiato. La vista di un castello imponente mi si presenta davanti. E’ bellissimo, il fascino è notevole, è abbandonato ma dignitoso, imponente. Probabilmente questo castello doveva essere molto più piccolo e si suppone che sia stato più volte ritoccato ed ampliato, in particolare grazie agli angioini, che ne fortificarono le mura. Esso è costituito da quattro possenti torri cilindriche angolari di forma circolare, costruite intorno al 1400. La torre più alta funge da mastio, che è ancora ben conservato e mostra, ben visibili, le sue caratteristiche interne, i due cortili, le cucine, i depositi, le cisterne, le stanze adibite a residenza
Dopo aver ispezionato da cima a fondo questo reperto incredibile decido di continuare e di inoltrarmi verso Baia e Latina. Proseguo la strada verso Dragoni ed invece di svoltare verso Piedimonte – Alife , proseguo dritto verso Baia e Latina. Sono molto affezionato a questo tratto perché se si procede verso Baia e Latina si entra in un piccolo villaggio, e appena si esce da questo piccolo agglomerato di case vecchie, si presenta il massiccio del Matese davanti agli occhi, in tutta la sua potenza. Procedo ancora ed incontro prima il centro di Latina e successivamente quello di Baia, la cui differenza è rimarcata con orgoglio dagli abitanti del posto. A Latina visito la torre medioevale che è posizionata in cima ad una rocca. Per arrivarci bisogna imboccare una strada sulla sinistra e salire fino alla sommità del Castello. A Baia invece è molto caratteristico il centro medioevale, con abitazione rimaste intatte col passare del tempo e con il suo borgo caratteristico. Salgo fino alla cima e sbircio tra le stradine suggestive di questo piccolo borgo, famoso per il presepe vivente. In questi paese infatti, durante le festività, c’è una grande rappresentazione del presepe vivente e la rappresentazione della natività viene effettuata tra le strade del paesino.

Antica Cales, lo splendore abbandonato


Per arrivare a Calvi Risorta ovviamente scelgo la strada meno trafficata e più caratteristica. Piuttosto che arrivare a Capua ed imboccare la Casilina, come la logica vorrebbe, do una sbirciata alla cartina e decido di passare da San Leucio e, una volta completata la discesa di Gradilli, svoltare per il ponte di Annibale in direzione Pontelatone. Appena svolto per Pontelatone, una volta superato il simpatico paese famoso anche per la mozzarella arrivo a Formicola. Da Formicola proseguo per una strada che mi consente di salire fino alla sommità del Monte Maggiore in direzione di Rocchetta e Croce. Questa strada è semplicemente fantastica e la consiglio caldamente a chi cerca un itinerario con dei panorami molto suggestivi. La salita fino alla cima della montagna mi consente di guidare in modo rilassato, di cogliere il sapore di quella terra, e di respirare il paesaggio. Arrivato a Rocchetta e Croce chiedo ad un vigile la strada per Calvi Risorta; seguo le sue indicazioni che dapprima mi portano nel centro del paese e che poi mi obbligano ad uscire per raggiungere gli scavi e la zona archeologica dell’Antica Cales.
Calvi, che un tempo fu antica colonia di diritto latino, sorge sul luogo della città di Cales, teatro di grandi civiltà antiche: l’aurunca, l’etrusca, la latina, la sannitica; fu occupata dai sanniti, poi da Roma e per un breve lasso di tempo anche da Annibale.
Era molto nota per le esportazioni della ceramica, dei "vasi caleni", particolari poichè dipinti con vernice lucida, e per la fabbricazione del "calesse".L'antica Cales era famosa a livello commerciale anche per i suoi prodotti locali, per il suo vino e il suo olio. La città ospitò il vescovo e nel Medioevo fu costruito, su una preesistente struttura longobarda, il Castello Aragonese.
Il luogo dove si trovano gli scavi di quella che un tempo fu Municipio di Roma, famoso per l'esportazione di merci e di ceramiche, dotata finanche di una moneta propria, il "Caleno", è davvero deprimente. I resti del castello aragonese, la cui organizzazione architettonica richiama a molti altri castelli della zona, sono circondati da rifiuti.
Il castello aragonese tuttavia conserva il suo fascino e sia le quattro torri cilindriche ed il fossato antistante richiamano certamente alla sua funzione di difesa della città. C’è una cattedrale ed i resti di scavi archeologici, ma tutto all’interno di un quadro assolutamente fatiscente abbandonato e degradato. Dall’altra parte della strada per visitare la zona delle Terme del teatro e dell’anfiteatro si giunge addirittura all’assurdo. La strada è incolta e difficile anche passare per una moto. Torno dietro convinto che non si possa accedere, ma delle persone mi suggeriscono di passare. Riesco a “guadare” questa strada, supero un ponte e mi trovo davanti ad uno spettacolo di stupore e di degrado al tempo stesso. Resti di un anfiteatro romano, di un ponte e di terme romane, resti di una città antica e segni inequivocabili di una civiltà tuttavia segnati ancora una volta dalla incuria e dalla dimenticanza. Lavori mai proseguiti ed interrotti probabilmente contribuiscono a rovinare il contesto, piuttosto che renderlo più fruibile.

lunedì 23 marzo 2009

Limatola – Squille – Ruviano – Caiazzo – Villa S.Croce (60Km)





Stamattina scelgo di procedere verso Caiazzo, utilizzando un percorso certamente più lungo, ma al tempo stesso molto più ricco di panorami e di percorsi suggestivi. Il tragitto che scelgo di fare è quello che mi condurrà attraverso Limatola – Castel Campagnano – Ruviano – Caiazzo – Villa S.Croce. Al di là dei luoghi assolutamente affascinanti, del contesto sicuramente ricco di interesse, percorrendo questo itinerario ci sono almeno tre strade che vanno segnalate e che un motociclista non può assolutamente mancare, a mio modo di vedere. La strada che, sul tratto Squille – Castel Campagnano, subito dopo il paese della festa degli asparagi, si incontra sulla sinistra e sale sulla montagna. La strada che sul tratto Ruviano – Caiazzo si incontra sulla destra, (bisogna seguire l’indicazione per Alvignano). Infine la strada che conduce a Villa S.Croce, che si imbocca dall’incrocio di Caiazzo.
Per arrivare a Limatola scelgo, quindi, la strada che da Caserta sale verso Puccianiello e Casertavecchia e da qui le indicazioni per Castel Morrone. Attraversata tutta la cittadina, la strada provinciale scende verticalmente giungendo proprio nel cuore di Limatola. Giunto a Limatola mi dirigo verso Dugenta ma svolto a sinistra per Squille – Castel Campagnano. Squille è un borghetto molto grazioso, famoso soprattutto per la sagra degli asparagi e per la sua disposizione a terrazza.
Subito dopo Squille c’è una strada che sale e conduce ad una serie di agriturismi. Imboccare quella strada e salire fino in cima con la moto è una cosa che segnalo e suggerisco. Il panorama del paesaggio è semplicemente bello. Dopo Squille supero Castel Campagnano e mi dirigo verso Ruviano. Il paesino che dista 6 km da Caiazzo si trova sulla sinistra venendo da Sud. Le strade sono molto belle e guidare la moto è un piacere. In particolare la strada sulla destra dopo il paesino di Ruviano che congiunge Ruviano ad Alvignano è molto caratteristica e suggestiva.
Sono molto legato a Ruviano, a me piace molto. Al di là della piccola torre dell’orologio e della magnifica cattedrale barocca, la cosa che mi affascina di questa paesello è la festa dei cornuti che si tiene nel paese, e che rende questo paesello famoso in tutto il mondo. I duemila abitanti del paesino casertano, l’undici novembre di ogni anno, si ritrovano per festeggiare il loro patrono sfilando in processione accompagnati dalla banda, per cantare il caratteristico inno dei cornuti. La processione si conclude con l’incendio del fantoccio di pezza.
Arrivo finalmente a Caiazzo, il borgo più importante della zona e certamente quello più rappresentativo sia perché è il centro di maggiore interesse, per la sua storia ricca e la tradizione.
Da visitare assolutamente la Cattedrale, il Campanile ed il Castello Longobardo.
Secondo alcune leggende discordanti Caiazzo, l'antica Caiatia, fu edificata da Calata, figlia di Tifata, che si innamorò perdutamente di Volturno. La cittadina fu dominata dagli Osci e subì vari assoggettamenti, prima dagli Osci appunto, poi gli Etruschi ed infine dai sanniti, fino a diventare anch’essa Municipio di Roma. Subì varie devastazioni per opera dei Goti, dei Vandali ed infine da parte dei Saraceni. Il castello fu costruito da Landone il vecchio ed è certamente di era Longobarda. Anche durante il periodo medioevale Caiazzo subì varie dominazioni, da quella sveva, a quella angioina, diventando spesso di proprietà di vari conti o signori della zona. Intorno alla fine del 1200, Caiazzo ospitò Pier della Vigna e Federico II. Dopo aver visitato il centro storico mi dirigo verso Caserta ma all’incrocio scelgo di salire verso Villa S.Croce. Anche questa strada è da segnalare assolutamente per chi viaggia in moto. Anche in questo caso il panorama è notevole, la moto dondola attraverso le strade che si inerpicano sulle colline dolci che conducono fino ad una delle sommità del Monte Maggiore. La strada attraversa un paesaggio suggestivo in un contesto agricolo, ricco di profumi di campagna. Mi allungo fino a Villa S.Croce. Il borghetto è grazioso. Mi affaccio sulla terrazza che dà su tutta la vallata. Torno indietro si è fatta ora di tornare.
Scelgo di scendere per Piana di Monteverna, Palamaggiò e sono a casa.

venerdì 20 marzo 2009

Riardo - Vairano Patenora – Pietravairano (120km)












Il tour dei Castelli parte dalla splendida roccaforte di Riardo. Se si arriva dalla Casilina, imboccato il bivio Pietramelara - Riardo, superato lo stabilimento della Ferrarelle, quella che si presenta davanti è semplicemente una cartolina. Il borgo rifulge in tutta la sua luce e alla sommità il castello longobardo brilla e sovrasta tutto il paese. Mi arrampico con la moto nei vicoletti del borgo e arrivo fino alla sommità. Parcheggio e proseguo a piedi verso il Castello. Il Castello è bellissimo e tenuto anche discretamente. Le torri rotonde sono medievali, mentre la merlatura e zoccolatura sono in stile aragonese. Non si può accedere all’interno ma è consentito entrare nella parte antistante dove si notano ancora le feritoie nelle mura che un tempo dovevano consentire la difesa della città. Molte case nei pressi del castello sono state restaurate. Alcune sono diventate botteghe altri locali ospitano mostre permanenti. Tutto il borgo si caratterizza per una serie di viottoli lastricati secondo una struttura parallela, ma con delle stradine ancora presenti che si intersecavano perpendicolarmente e consentivano di passare da un quartiere all’altro del borgo. Molto probabilmente Riardo fu fondata prima del V secolo a.C. dagli Osci, anche se non vi sono documenti che lo provano. Il nome "Riardo" è un nome di origine greca e come tutti i nomi dell’epoca prende spunto probabilmente da una qualità della zona. Prima dell’occupazione romana, Riardo ebbe una lunga dominazione precedente. Probabilmente prima fu occupata dagli Osci, poi dai Sidicini ed infine dai greci. Certamente i Sidicini, antenati del popolo riardese, furono battuti nel 324 a.C. dai Sanniti che dominarono su Riardo fino all’arrivo dei Romani. Con i romani Riardo visse una fase di stallo e poi successivamente di declino in seguito all’incendio ad opera dell’esercito guidato da Annibale. Riardo fu infatti resa famosa da un incendio appiccato dalle truppe di Annibale. Nell’autunno del 217 a.C. Riardo fu saccheggiata, distrutta ed incendiata dal condottiero cartaginese. Dopo questo evento ci fu la nascita del villaggio attorno alle foci delle acque idrominerali
Il castello fu costruito attorno all’anno mille e qualche secolo più tardi cominciò la dinastia aragonese.
Il sabato pomeriggio, è ora di pranzo. Non c’è un’anima nel paese. Decido di passeggiarlo e di perdermi per le viuzze che si attorcigliano intorno al castello. Saluto qualche vecchietto che riposa stravaccato fuori la porta di casa, mentre qualche cane abbaia impaurito per la presenza dello “straniero”. Le case mantengono tutte le porte aperte e arrivano dall’interno rumori di stoviglie e di notizie dei telegiornali. Dopo aver ancora ripercorso a piedi un paio di stradine del borgo, mi rimetto in sella e mi dirigo verso Vairano Patenora. Da Pietramelara svolto verso Caianello, una decina di Km e sono a Vairano Patenora. Il paese che mi si presenta davanti agli occhi è moto simile a quello di Riardo. Un borghetto sul quale si erge un castello mastodontico e suggestivo. Mi consigliano di arrivarci davanti e proseguire per una strada di montagna anziché cercare il varco dal paese.
Il castello e' stato costruito nel secolo XI secolo da Ripandolfo VI. Si pensa che fosse molto grande visto che ospito' contemporaneamente Re Carlo I e Papa Gregorio X. L'aspetto era ben diverso dai resti attuali. C'e' chi presume che fu costituito da tre torri per riuscire a resistere agli attacchi dell'Abate di Montecassino.
Dopo aver visto l’insediamento di Vairano Patenora mi dirigo a Pietravairano ma quando chiedo informazioni alle persone del posto mi indicano la strada opposta a quella che stavo facendo. Mi suggeriscono si prendere la montagna e scalarla fino a Pietravairano. Il tragitto in verità è breve ma ricco di fascino. Con la moto non si può perdere. Pietravairano vista di faccia somiglia ad un pugno di case gettate nel cuore della montagna. Il borgo è molto affascinante. Mi fermo in piazza al Bar Sion a bere un caffè prima di salire sulle mura. Il Bar è un Bar d’altri tempi. Un compensato divido il vano in due parti, da un lato Bar dall’altro Supermarket. Bevo il mio caffè sono le tre del pomeriggio e salgo sulla rocca. Il cuore di Pietravairano si è sviluppato lungo la stradina che conduceva al castello. Il più importante resto del castello medioevale di Pietravairano è un torrione a base cilindrica. L’agglomerato medievale era circondato da mura, con numerose torri rotonde, che nasceva e finiva direttamente con il Castello che ancora oggi mantiene praticamente intatta la cortina con due porte, una verso il centro del paese e l’altra verso la montagna. La fortezza ospitava anche il carcere e nel suo interno, oltre alla torre a forma cilindrica c’è anche una piccola Cappella dedicata alla Santa Croce e grandi cisterne sotterranee per conservare l’acqua piovana. In questo ghirigori di viuzze attorcigliate mi perdo e mi affaccio dalla sommità della montagna per godere del paesaggio che si affaccia verso Pietramelara. Decido di tornare. Riparto con la moto ed invece di proseguire per Baia e Latina e Alvignano mi dirigo verso Formicola e attraverso tutto il Monte Maggiore. La strada è bellissima, ed è un vero piacere portare la moto in questo tragitto così caratteristico è bello. Domina il silenzio della montagna e del panorama.

Itinerari Casertani Indipendenti (I.C.I.)


Itinerari Casertani Indipendenti (ICI) nasce con lo scopo di raccontare i percorsi motociclistici in sella alla mia vecchia YAMAHA SR 250, 35 mila km compiuti da qualche settimana, alla scoperta degli itinerari dell’alto casertano, dei suoi posti, dei borghi medievali, delle sue strade nascoste, dei sentieri ispidi e spigolosi che si alternano alle colline dolci e ondulate, dei suoi sapori, dei profumi, dei castelli e dei suoi infiniti tesori artistici, talvolta abbandonati o sepolti dall’incuria ma che altre volte si incontrano al termine di sentieri complicati e difficoltosi.
Itinerari Casertani Indipendenti vuole rendere omaggio a questo territorio attraverso il racconto di percorsi estemporanei e talvolta improvvisati, di viaggi in moto con cartina alla mano e moleskine nello zainetto, alla riscoperta di questi posti troppo spesso dimenticati dalle guide, avulsi da itinerari turistici, e sganciati da percorsi di agenzia e da pacchetti viaggio.
Le regioni dell’alto casertano, il cui perimetro si estende dalle pendici del Matese, arrivando a lambire il litorale domizio fino a costeggiare i confini del beneventano e del territorio telesino, non hanno nulla da invidiare, a parere di chi scrive, alle più blasonate e reclamizzate terre di Umbria e di Toscana. Al contrario, paradossalmente, la scarsa pubblicità e la mancanza di una macchina di promozione e di organizzazione turistica, se da un lato hanno impoverito questo territorio, dall’altro sicuramente lo hanno reso ancora più selvaggio e suggestivo, facendolo diventare un luogo ricco di fascino e di interesse. Da questo punto di vista, l’alto casertano si presenta agli occhi del motociclista come un patrimonio immenso ed immacolato di luoghi, strade, storie, eventi e sapori. Oltre all’aspetto storico - artistico e paesaggistico, i borghi medievali casertani si caratterizzano anche e soprattutto per il loro portato di tradizione, per il loro grande valore enogastronomico, essendo questa terra ricca, in particolare, di una forte tradizione vitivinicola, olearia e casearia. Pertanto la ricerca di una locanda, di una bettola o di un rifugio diventa un momento topico dell’itinerario specie quando mi spingo nelle terre dell’Aglianico, del Pallagrello o del Piedirosso.
Queste terre riescono ad offrire tutto questo e, al tempo stesso, tutto quello che ancora resta da scoprire viaggiandole ancora, perché ogni volta regalano un particolare nuovo, una sensazione indimenticabile che mi resta appiccicata sulla pelle.
Questo blog è il diario di un motociclista atipico se vogliamo, con un approccio un po’ più rustico e rilassato dell’andare in moto, non tanto fissato sulla velocità e sul valore del contachilometri, oppure sulla potenza dei cilindri, quanto piuttosto sull’esplorare strade nuove, sul conoscere e sul viaggiare il nostro territorio e la sua natura. Esso vuole essere semplicemente un piccolo spazio di promozione del territorio e delle sue bellezze, un portale, una guida estemporanea capace di offrire qualche suggerimento attraverso il risalto delle bellezze del nostro territorio.