Rampe di scaloni ampi, sudici e polverosi conducono il cratere direttamente al mare, lo accompagnano per mano. Un vociare plateale e sgualcito accoglie i pescatori che fanno ritorno dalle acque. Hanno sete e poca voglia di parlare. Camminano senza guardare, a testa bassa imprecano, biascicando qualche suono incomprensibile, ed infine maledicono con decisione il dio con le braccia aperte che si sporge dalla banchina dirimpetto. Gli uomini forgiati dal mare sono aspri e taciturni, notturni anche di giorno, silenziosi ed impavidi. Esuli in patria. Smarriti. Infine sostano sugli scogli, si abbandonano spaparanzati e stremati al sole cocente di metà giornata, fumano sigarette prima di addormentarsi sotto i cappelli di paglia sfilacciati e le barbe bianche ed incolte. Non parlano e non guardano. Il giorno non è ancora sceso, ma per loro è già notte fonda. I loro corpi salutano la vita per una manciata di minuti mentre dai barconi si rovesciano le reti gravide di pesce fresco. I frutti del mare sono ancora stipati nelle pance delle paranze che stanno arrivando alla spicciolata nel porto di Torre del Greco e si affollano in fila sulla banchina. Più avanti un rosario di lampadine appese riflette una luce fioca e giallognola sui marmi bianchi e lucidi appena lavati dal getto freddo delle pompe. Di fianco cataste di cassette di polistirolo immobili ed impilate. Il mercato attende di entrare in scena, tra resti di fabbricati in frantumi, scheletri di navi in riparazione e depositi fumosi e maleodoranti. Tutto intorno è un olezzo sparso di catrame e merluzzo, di olio e nafta, di cozze e di vernice. Il porto mostra la sua pelle salmastra, il suo volto povero ed emaciato, sporco e smunto, sommerso di pneumatici, monnezza di ogni genere e carte e frigoriferi vecchi ammassati e ferro vecchio.
Intanto il flutto continua a scheggiare la pietra disposta casualmente a blocchi e sbriciola il sale in effluvio,rendendolo vapore e polvere. 'E criature impavidamente si tuffano e sguazzano nel mare nero, alcune fanno le cozze sugli scogli.
I pesci del cielo salutano il ritorno delle sciabiche su cui intanto si preparano i nodi per il giorno successivo. E’ un fremito frettoloso di reti riavvolte da mani callose, di sguardi contriti dalla stanchezza, di corde umide e limacciose riordinate in fretta e disposte nelle casse. Il cane stravaccato a prua, stupefatto dal sole, giace semimorente su un letto di reti ammucchiate. A sera il sale corrode la pelle e le bandiere di prua strappano il vento senza timore. Il mare è aperto e scompigliato, la sabbia è nera e buia, il vento ammaina le acque. I pescatori fanno lentamente ritorno a casa con le buste piene di calamari, polpi e seppie. Il sipario del mercato cala, la notte è venuta a prenderli ancora una volta. I lupi hanno riavvolto gli ami, tirato via le canne ed i secchi e conservato per il giorno successivo il pane duro che servirà ad imbrogliare i pesci ancora una volta.
Intanto il flutto continua a scheggiare la pietra disposta casualmente a blocchi e sbriciola il sale in effluvio,rendendolo vapore e polvere. 'E criature impavidamente si tuffano e sguazzano nel mare nero, alcune fanno le cozze sugli scogli.
I pesci del cielo salutano il ritorno delle sciabiche su cui intanto si preparano i nodi per il giorno successivo. E’ un fremito frettoloso di reti riavvolte da mani callose, di sguardi contriti dalla stanchezza, di corde umide e limacciose riordinate in fretta e disposte nelle casse. Il cane stravaccato a prua, stupefatto dal sole, giace semimorente su un letto di reti ammucchiate. A sera il sale corrode la pelle e le bandiere di prua strappano il vento senza timore. Il mare è aperto e scompigliato, la sabbia è nera e buia, il vento ammaina le acque. I pescatori fanno lentamente ritorno a casa con le buste piene di calamari, polpi e seppie. Il sipario del mercato cala, la notte è venuta a prenderli ancora una volta. I lupi hanno riavvolto gli ami, tirato via le canne ed i secchi e conservato per il giorno successivo il pane duro che servirà ad imbrogliare i pesci ancora una volta.
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