giovedì 5 agosto 2010

Marocco Centrale





La sera, quando era già buio, andavo nel settore della djema el fna in cui le donne vendevano il pane. Accucciate per terra, formavano una lunga fila e il volto era tutto velato, tanto che si vedevano solo gli occhi.
Ogni donna aveva davanti a sé un cesto coperto da un panno, su cui erano appoggiati, ed esposti per la vendita dei pani piatti e rotondi. Passavo adagissimo lungo la fila, osservando le donne coi pani.
Si trattava perlopiù di donne mature e le loro forme ricordavano quelle dei pani
(E.Canetti – Le voci di Marrakech)


I fuochi fulgidi del fornellino montato su una bombola del gas nel bagno della pensione Cascade tirano i filtri pesanti della menta e contemporaneamente assorbono l’infuso del tè cinese. Ossìn si occupa di pulire le stanze dell’albergo compreso il terrazzo che affaccia su bab bou jeloud, e sorride leggermente mentre lo stelo della pianta di menta affonda nell’impasto opaco del bicchiere di vetro, dopo averlo mescolato e miscelato più volte, con lentezza. Il rito del whiskey marocchino è pronto in ogni luogo, ad ogni ora. Uomini dai sorrisi placidi e pazienti e dai visi emaciati spalancano generosi sorrisi di denti nerissimi, dilaniati e corrosi negli anni dalle zollette di zucchero che tagliano i tè o i caffè berberi. Siedono, abbandonati a sguardi lenti, sorseggiano con infinita pigrizia, rollano marquise di contrabbando mescolate ad hashish e dividono un piatto di harira, oppure di olive e un pezzo di pane caldo quando capita. Così scorre il giorno nei derb di Mèknes Fès e Rabat, e nelle medine dai tempi di ocra pastello, di bianco cenere e di un celeste tenue e accennato, ed il tempo, dilatato dai suoni delle nenie ipnotiche delle sure che i commercianti ascoltano accucciati nei loro vani commerciali di 3 mq, rotto dal canto dolce e rauco del Muezzin che si leva dai pinnacoli dei minareti e avvolge tutta la città vecchia. I souq sono pittoreschi gironi infernali sudici e sereni, crogiuoli di anime che si sfiorano, crocevia, vortice di persone, orge di viaggiatori e orde di fedeli rimettono i sandali dopo le preghiere, babele di pensieri e grida, poltiglie di strilla e silenzi. Balak, Balak! nei vicoli impastati trasportano latte fresco formaggio e cataste di menta e datteri. I polli sono nel recinto oppure impilati nelle casse di ferro, i gatti addentano gli avanzi tra ceste di cumino, pile di frutta, spezie colorate e farine. Carcasse di vitello vengono cotte a vapore su grossi pentolone mentre le teste sanguinanti sono riposte sui marmi. Il cammello è avvolto dai fumi della brace della sua stessa carne. Il macellaio ci sorride, ci siamo incontrati al bagno pubblico. Gli uomini di Dio credono anzitutto nelle loro mani, e con esse piegano, intarsiano, tagliano, scalpellano, incollano, cuciono, spaccano, modellano, ricamano, spaccano, riscaldano, cucinano, martellano o semplicemente parlano. Nelle ore in cui i mercati sono meno affollati le donne dell’hamam ne approfittano per uscire in fretta, e sperando di non essere viste, camminano con lo sguardo fermo e senza mai attraversare la strada. Sulla spiaggia di Rabat le donne restano in attesa che i mariti finiscano di giocare a pallone, oppure restano agli angoli della medina vendono biscotti al cocco per un dhiram o pesce fresco appena macellato. Il Marabutto prega la sua abluzione che termina sempre con Allah è grande, mentre Il postino in pensione giura di conoscere la medina come uno specchio, vuole venderci il suo sapere finto e con un sorriso garbato e senza denti si offre di accompagnarci in giro. A Meknès intere famiglie troppo numerose girano in vecchie mercedes dalle tinte coloniali mentre le ragazzine sotto i foulard ammiccano e sorridono i turisti occidentali. Il paesaggio lento che sbirciamo dai finestrini del taxi che ci porta dall’aeroporto alla città è lo stesso che osserviamo scorrere dal finestrino del treno, che ci conduce da una città all’altra. Sabbia rossiccia, sole che batte la polvere, gente appoggiata ad un tronco, bambini che giocano con palloni di cartone e case senza intonaco. I chioschi che vendono acqua confezionata e coca cola in vetro. Appena arrivati quaggiù un uomo con gli occhi grigi ci venne incontro e ci disse Benvenuti in Marocco due volte.

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