Da Alife stavolta scelgo la strada interna. Svolto quindi per S.Angelo d’Alife e proseguo dritto. Oltrepasso il paese e guido verso Ailano. Il paesaggio è bellissimo, una cartolina. Supero Raviscanina ed imbocco la strada sulla destra. Raggiungo l’inconfondibile gruppo di case bianche compatte, che mi salutano dopo una serie di curve. Scatto qualche foto di lato e proseguo. Faccio sempre molte foto ad Ailano. Da tutti gli angoli. E’ un paese bellissimo. Mi commuove la sua timidezza e la sua integrità estetica. La strada scende e mi immetto nuovamente sulla Provinciale. Prima oltrepasso Pratella e le sue contrade e poi Prata Sannita ed il suo splendido castello. Svolto al bivio per Fontanagreca e salgo verso Gallo Matese. Per oltre 10 km guido tra panorami selvaggi, gole a strapiombo e una vegetazione incredibilmente accattivante.
Viaggio solitario e attraverso questa overdose di natura. La strada si arrampica verso la vetta. Inesorabilmente. Finalmente arrivo a Gallo Matese. Sono in montagna. Siamo a 900 mt. d’altezza. Un gruppo di case fa capolino, e così decido di fermarmi nel paese dei briganti. Alcuni motociclisti mi chiedono se c’è un distributore di benzina nei paraggi. A quest’ora sono tutti chiusi. Quando riparto incontro il magnifico lago, in splendida forma in questo break primaverile. Oltrepasso Letino e mi addentro attraverso un paesaggio di ruscelli, pascoli e di vegetazione fitta e rigogliosa. Animali lasciati allo stato brado. Cavalli, mucche e pecore abitano questi prati con la scioltezza di chi cammina scalzo a casa propria. A tratti gli alberi rendono ombroso il tragitto mentre altre volte il lago prorompe lateralmente con tutta la sua forza esplosiva. Mi fermo in riva al lago. Scatto qualche foto, contemplo il paesaggio e scorgo qualche gola, il cui gettito d’acqua zampilla con decisione dalla roccia. Mi stendo sull’erba e bevo questo silenzio infinito disinteressandomi delle nubi grigio intenso che si affacciano dalla cima della montagna. Riparto e costeggio Miralago stavolta vado ancora più lentamente. Non supero i 50 km/h. Marmitte poderose ed accelerazioni vibranti sfrecciano al mio fianco; il mio passo ricorda quello di una vecchia barca a remi che attraversa con affanno e senza fretta un mare in cui navigano scafi e barconi. Non pretendo niente di più in questo momento se non procedere con questo passo così lento che mi consente di cogliere intravedere e gustare tutte le sfumature ed i colori di una natura così coraggiosa. Arrivo al bivio e mi fermo davanti al bivio della scelta da prendere. Sono incerto se imboccare la strada del ritorno per Castello Matese oppure salire fino a Bocca della Selva e scendere per il beneventano. L’adrenalina è una punta di paura. Senza pensarci troppo scelgo di proseguire. Vado a Bocca della Selva e scendo fino a Cerreto Sannita. Guido in un territorio aspro e affascinante ma molto surreale. Salgo, la strada mi condurrà fino a 1700 mt d’altezza. Un sentiero molto solitario, l’asfalto è bucato. Ogni tanto mi conforta la presenza di qualche auto che vedo arrivare nel verso opposto. C’è anche qualche temerario venditore di formaggi ai bordi della strada oltre ai resti dell’inverno che è appena andato. Arrivo al secondo bivio. Spengo la moto e dispiego la cartina sul serbatoio. La terra è un boccone inghiottito da un silenzio tombale. La natura che mi circonda somiglia ad un pugile che sta per salire sul ring. Nell’apice della solitudine e del silenzio l’adrenalina monta nelle vene. Non posso tornare indietro e proseguire significa respirare. Sono nel mezzo della tundra matesina, dove Molise e Campania si guardano e la provincia di Caserta si fonde con quella di Benevento. Spingo la mia vecchia moto a valle, cominciamo a scendere e davanti ai miei occhi si dipana il regalo di un paesaggio lunare, insolito e stucchevole. Finisce la vegetazione fitta e si spalanca il nulla davanti a me. Sono esterrefatto. Mi fermo ogni 500 metri. Scatto foto, mi stendo sull’erba. Solo roccia e crostoni si stagliano sulle vallate infinite che si affacciano sul territorio di Telese. Fino a Pietraroja una quindicina di Km a gomito e tornanti in discesa attraversano un territorio nudo e ruvido, vivo, dalla patina argentea. Non guido, è piuttosto un dondolarmi sospeso. La strada è una serpentina avvolgente, che avviluppa tutto la montagna. Arrivo a Cusano Mutri, un paese che non è più un paese, soffocato com’è dalla moltitudine turistica e dalle folle che scoppiano nei vicoli del borgo per l’ennesima sagra organizzata. Non mi piace, riparto subito e mi fermo qualche km dopo. Preferisco il deserto solitario e le stravaganze barocche di Cerreto Sannita in questo pomeriggio di negozi chiusi. Mangio qualcosa a caso, scatto qualche foto, mi rimetto in sesto. Sono a casa.
Viaggio solitario e attraverso questa overdose di natura. La strada si arrampica verso la vetta. Inesorabilmente. Finalmente arrivo a Gallo Matese. Sono in montagna. Siamo a 900 mt. d’altezza. Un gruppo di case fa capolino, e così decido di fermarmi nel paese dei briganti. Alcuni motociclisti mi chiedono se c’è un distributore di benzina nei paraggi. A quest’ora sono tutti chiusi. Quando riparto incontro il magnifico lago, in splendida forma in questo break primaverile. Oltrepasso Letino e mi addentro attraverso un paesaggio di ruscelli, pascoli e di vegetazione fitta e rigogliosa. Animali lasciati allo stato brado. Cavalli, mucche e pecore abitano questi prati con la scioltezza di chi cammina scalzo a casa propria. A tratti gli alberi rendono ombroso il tragitto mentre altre volte il lago prorompe lateralmente con tutta la sua forza esplosiva. Mi fermo in riva al lago. Scatto qualche foto, contemplo il paesaggio e scorgo qualche gola, il cui gettito d’acqua zampilla con decisione dalla roccia. Mi stendo sull’erba e bevo questo silenzio infinito disinteressandomi delle nubi grigio intenso che si affacciano dalla cima della montagna. Riparto e costeggio Miralago stavolta vado ancora più lentamente. Non supero i 50 km/h. Marmitte poderose ed accelerazioni vibranti sfrecciano al mio fianco; il mio passo ricorda quello di una vecchia barca a remi che attraversa con affanno e senza fretta un mare in cui navigano scafi e barconi. Non pretendo niente di più in questo momento se non procedere con questo passo così lento che mi consente di cogliere intravedere e gustare tutte le sfumature ed i colori di una natura così coraggiosa. Arrivo al bivio e mi fermo davanti al bivio della scelta da prendere. Sono incerto se imboccare la strada del ritorno per Castello Matese oppure salire fino a Bocca della Selva e scendere per il beneventano. L’adrenalina è una punta di paura. Senza pensarci troppo scelgo di proseguire. Vado a Bocca della Selva e scendo fino a Cerreto Sannita. Guido in un territorio aspro e affascinante ma molto surreale. Salgo, la strada mi condurrà fino a 1700 mt d’altezza. Un sentiero molto solitario, l’asfalto è bucato. Ogni tanto mi conforta la presenza di qualche auto che vedo arrivare nel verso opposto. C’è anche qualche temerario venditore di formaggi ai bordi della strada oltre ai resti dell’inverno che è appena andato. Arrivo al secondo bivio. Spengo la moto e dispiego la cartina sul serbatoio. La terra è un boccone inghiottito da un silenzio tombale. La natura che mi circonda somiglia ad un pugile che sta per salire sul ring. Nell’apice della solitudine e del silenzio l’adrenalina monta nelle vene. Non posso tornare indietro e proseguire significa respirare. Sono nel mezzo della tundra matesina, dove Molise e Campania si guardano e la provincia di Caserta si fonde con quella di Benevento. Spingo la mia vecchia moto a valle, cominciamo a scendere e davanti ai miei occhi si dipana il regalo di un paesaggio lunare, insolito e stucchevole. Finisce la vegetazione fitta e si spalanca il nulla davanti a me. Sono esterrefatto. Mi fermo ogni 500 metri. Scatto foto, mi stendo sull’erba. Solo roccia e crostoni si stagliano sulle vallate infinite che si affacciano sul territorio di Telese. Fino a Pietraroja una quindicina di Km a gomito e tornanti in discesa attraversano un territorio nudo e ruvido, vivo, dalla patina argentea. Non guido, è piuttosto un dondolarmi sospeso. La strada è una serpentina avvolgente, che avviluppa tutto la montagna. Arrivo a Cusano Mutri, un paese che non è più un paese, soffocato com’è dalla moltitudine turistica e dalle folle che scoppiano nei vicoli del borgo per l’ennesima sagra organizzata. Non mi piace, riparto subito e mi fermo qualche km dopo. Preferisco il deserto solitario e le stravaganze barocche di Cerreto Sannita in questo pomeriggio di negozi chiusi. Mangio qualcosa a caso, scatto qualche foto, mi rimetto in sesto. Sono a casa.