lunedì 13 aprile 2009

Parco Regionale di Roccamonfina PARTE 1





Mi piace sempre quando arrivo a Roccamonfina perché quando entro nel paese c’è una bellissima piazza immensa che mi ricorda, per la sua ampiezza, le grandi piazze di alcune città europee. Parcheggio la moto e mi fermo su una panchina. Sono da solo, ma in compagnia di altri vecchi che siedono su altre panchine. C’è il sole, l’aria è pulita, e c’è un discreto movimento di gente in giro. Mi guardo intorno e mi accorgo di essere circondato da persone anziane. Fuori ai Bar, davanti al circolo e sulle panchine ci sono solo vecchi. Prima di proseguire per il mio giro cerco di capire qual è la strada migliore. Mi avvicino ad un gruppo di tre persone. Uno di loro è un uomo sulla settantina, vestito in modo impeccabile e pettinato con rigore. Indossa un gessato perfetto, sciarpa di lana e parla con un accento da vulgata di inizio novecento. Ha la pelle liscia e sottile, un sorriso rispettoso e mite e gli occhi gonfi traditi da qualche vena accentuata. Mi indica immediatamente la strada migliore per Galluccio, come chi conosce queste strade da quando è nato, ma mi dice che se cerco castelli in zona devo andare a Marzano Appio. Gli chiedo quanti anni ha e cominciamo a parlare. Si chiama Antonio Pittella mi dice che lui ha 85 anni ma che è esattamente uguale a quando ne aveva 50. Si è sposato il 3 gennaio del 1949, data che mi ripeterà ben quattro volte nel corso della chiacchierata. Mi dice che ha perso sua moglie quando aveva 60 anni, ma quando mi racconta questo particolare della sua vita la sua faccia non si incupisce, anzi si illumina di un sorriso sereno. Caro giovane, mi dice, prendendomi il braccio, il problema è che oggi non c’è più società (?), c’è molta separazione tra gli uomini. La gente anche quando ti saluta lo fa perché lo deve fare, ma spesso abbassa la testa. Io nun capisco perché la gente nun sorride chiu come a na vota. Una volta mio padre faceva sempre festa. Eravamo poveri, sulo la terra avevamo lui era agricoltore e la domenica comprava molta carne, vino e pasta fresca e facevamo festa nella campagna con le altre persone, con Carmine, con Erminio e col panettiere. Sapete dove abito io? Nella campagna prima della Cappella di S.Lorenzo, non so se l’avete vista prima di arrivare a lu paese. Molti sono andati via da Roccamonfina. Una volta eravamo seimila abitanti, ora ne siamo tremila. Antonella è andata in America quando aveva diciotto anni. Ora ne ha 58 ma non si dimentica mai di me. Ogni anno dice al marito se vuoi venire vieni altrimenti io torno a lu’ paese da papà. Prende l’aereo arriva a Roma e con la macchina viene a Roccamonfina. Purtroppo qui il lavoro nun ce sta e lei è dovuta ‘spatriare. Ma torna a Roccamonfina per la villeggiatura, anche perché d’estate si sta bene e una cosa è vivere un’altra è venirci per la villeggiatura. Ogni tanto mi chiama e dice papà non uscite di casa che vi ho mandato una guantiera di dolci così festeggiate voi e tutte le persone che mi hanno aiutato sempre. E così arrivano a casa dolci e spumante. L’altra figlia invece non è voluta andare via ed io le ho dato un fondo di terra pure a lei e lei ci ha costruito una casa sopra. L’anno scorso facemmo una bella festa tutti assieme quando finii l’ottantaquattresimo compleanno ed entrai negli ottantacinque. Antonio Pittella parlava ed il tempo sembrava essersi fermato. Le parole sciorinate da quell’uomo con tanta grazia mi lasciano di stucco e decido di non interromperlo per nessun motivo al mondo. Quando la mattina esco e vado sul fondo io lo guardo e sono contento. La terra mi ha dato a mangiare e anche se non ho più la forza ma sono contento per quello che ho fatto. Molti in paese mi dicono ma perché non vai all’America, ma io che ci vado a fare all’America ad aspettare il giorno e la notte quando torna mia figlia da lavoro oppure i nipoti miei. Io non saccio la lingua, non conosco le strade, mi sveglio e che devo fare mi devo sedere su uno scalino. Io qui ho tutto, gli amici, il circolo, esco nella piazza e parlo cu le persone e mi diverto, mi godo la vita e sono contento di quello che ho ma che ci devo andare a fare io all’America. Mi basta sapere che Antonella sta bene e pure i figli suoi stanno bene. Antonio si alza e mi dice che domani sarà ospite di sua sorella a Gallo e mi abbraccia forte dicendomi di salutare il commissario di Caserta che io sicuramente conosco, di portargli i suoi saluti perché è tanto una brava persona.
La provinciale che nasce da Teano la SP111 è molto bella, specialmente nell’ultimo tratto. I Castagni spogli ed il prato divenuto nel frattempo un mantello di foglie. La terra è color terra, un paesaggio da contea, sembra ambrata a tratti, è terra rossa, lucidata dal sole. Molte tonalità di marrone si alternano scompigliandosi e scomponendosi in una miriade di tinte sfumate, offrendo quasi le prime pennellate di una primavera autunnale. Gli alberi sono altissimi e quasi mai verdi. Decido di ritornare al santuario dei Monti Lattani, meta religiosa, ma soprattutto luogo meditativo, picco altissimo e solitario dal quale si può guardare tutta la vallata nel silenzio più assordante. Compro qualcosa da mangiare, scatto qualche foto alla collegiata della piazza e salgo. La moto spinge su questa salita ripida dove la vegetazione si fa ancora più fitta e severa. Arrivo al Santuario. Il chiostro e la cappella mantengono lo stile di sempre ma la pace ed il silenzio di questo posto restano gli elementi suggestivi e caratterizzanti. Mi fermo e resto ad ammirare il paesaggio che non conosce orizzonte, che non conosce latitudine talmente è sterminato e immenso. Riposo godendo della quiete silenziosa e quando riparto mi dirigo verso Conca della Campania. I 7 Km che separano Roccamonfina da Conca sono molto belli. Gli alberi allineati e la natura sono di stampo montano. Siamo a 700 mt d’altezza e l’aria è anche più frizzantina. Guidare in moto è da brividi, non aggiungo altro. Arrivato a Conca della Campania mi accorgo che questo paese, che vanta tra le altre cose probabilmente l’unico Ostello della gioventù della provincia di Caserta, altro non è se non una curva desolata e dimenticata. Ed infatti mi sbaglio. Le persone che non sono fuori all’Orange Bar si vedono davanti al Castello, 20 metri più avanti. C’è una zona nuova dove i ragazzi si incontrano in questo sabato alle 3 del pomeriggio. Arrivano con l’auto, aprono lo sportello e, senza parlare, cominciano a fumare o a guardare nel vuoto. Un Bar, un mini market, un coiffeur “Da Antonella”, una macelleria e la scritta fatiscente su un fabbricato vecchissimo color rosa sbiadito indica la presenza del Municipio. Intravedo un mucchio di case alle spalle e la targa Via Roma. Mi infilo ed arrivo davanti alla Collegiata di San Pietro, della seconda metà del XV secolo. Più tardi verrò a sapere che di questo edificio si parla in una bolla di Papa Sisto IV del 1474 e che custodisce un preziosisimo trittico ligneo del XVI sec. all’interno. Ammiro la facciata mentre una famiglia composta da mamma padre e figlio stanno caricando l’auto di viveri. Mi guardano sorpresi, quasi timorosi. Riparto alla volta di Galluccio. Quando arrivo a San Clemente di Galluccio credo di essere arrivato a Galluccio, invece mi accorgerò poi che una frazione è grande il triplo del paese a cui si riferisce. Quando a San Clemente chiedo di Galluccio, mi dicono, Guarda che ci sono 5 case lì. La Collegiata di S.Stefano costruita nel XVII secolo con la volta del presbiterio decorata con un affresco raffigurante la lapidazione del Santo e l'adiacente campanile di costruzione antecedente all'edificio sviluppato su quattro piani, la chiesa di San Nicola articolata su due ambienti sovrapposti asimmetricamente una cripta inferiore che è una cisterna romana di epoca repubblicana e un vano sottostante con resti di antichi dipinti. Resto a contemplare questa chiesa bellissima. Mi riposo su una panchina di pietra con lo zaino che mi fa da cuscino. Dormo qualche attimo in questo silenzio assoluto

1 commento:

  1. la storia di antonio che nn vuole andare all'america è bellissimaaaaaaaaaaaaaaaa!!!

    p.s. ma poi hai portato i suoi saluti al commissario che tu "sicuramente" conosci?

    soreta

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