Negli occhi di Orazio c’è la stanchezza di un corpo vecchio e malconcio e la ruvidezza di un’espressione antica, ma anche l’orgoglio e la fiducia che evidentemente lui ripone nel suo bastone di legno, che lo accompagna su e giù per i viottoli di San Martino Valle Caudina. Orazio Piceno è un vecchietto simpatico che trovo seduto su una panchina. Dice di avere otto anni. “Ottanta? No Otto ma il 9 giugno entro negli ottantuno. Sono nato a San Martino e abito da sempre in quella casa - e mi mostra una vecchia abitazione decrepita alla spalle del castello - Il castello era dei duchi Pignatelli. Un tempo San Martino faceva dieci mila abitanti, ora non siamo neanche 4 mila (…) Sto bene solo che non ci vedo. Davanti a me c’è tutto fumo, tipo cenere. Il cuore non mi aiuta tanto ma io mi bevo mezzo bicchiere di vino ogni giorno e dopo mangiato mi faccio sempre una bella passeggiata. Ma se mi stanco mi siedo e mi riposo. Ringraziando dio ho una bella pensione, di 250 euro al mese e non mi posso lamentare…” Con Arpaia ed Airola si oltrepassa il confine casertano e si accede definitivamente alla Valle Caudina prima di addentrarsi in quel lembo di territorio conteso e confuso tra il Taburno beneventano e il Partenio avellinese. Nel luogo in cui i sanniti imposero ai battaglioni Romani l’umiliazione delle forche oggi c'è una bella Macelleria che ricorda inesorabile “Castrato a 3 € al Kg”. La strada che si inerpica da San Martino Valle Caudina fino ad arrivare alle porte di Avellino, segna l’accesso ai luoghi dell’Irpinia. S.Martino, Pannarano, Roccabascerana, Pietrastornina, S.Angelo a Scala, Summonte e Ospidaletto d’Alpinolo sono tutte piccole perline, infilate, una dietro l’altra, nel filo di strada che congiunge Montesarchio ad Avellino attraverso un sentiero stupefacente, soprattutto dal punto di vista paesaggistico. La strada infatti, che costeggia i crostoni sporgenti dei Monti d’Avella, Vallantrano e Taburno, è un grande panorama, una ringhiera lunga più di 20 km, che si affaccia su tutto il paesaggio irpino e la valle caudina. Pannarano, enclave sannita in territorio avellinese, è il primo paese che si incontra salendo. Da Roccabascerana la strada diventa invece più interessante, offrendo, a chi la percorre in moto specialmente, dei paesaggi molto accattivanti man mano che si sale verso la vetta. Da un lato le pareti rocciose e vive della Montagna, dall’altro le dolci colline del Fiano e del sangiovese che scendono verso la pianura, il tutto in perfetto stile godereccio in cui dominano i salumi freschi, gli odori dei prodotti caseari e le coltivazioni d’olivi. Lungo la strada che si arrampica in curve improponibili domina il silenzio della montagna e il tono severo delle rocce. Sono le due e non c’è un’anima a Roccabascerana ed io siedo dinanzi alla facciata gotica ed al rosone della Chiesa di S.Giorgio e San Leonardo, che conserva la falange di un dito di S. Giorgio. I paeselli hanno un forte connotato di detersivo quando li si cammina e gli abitanti del posto non capiscono bene cosa ci faccia da quelle parti un solitario turista armato di cartina e macchina fotografica. Molti non sanno che ci sono torri medioevali e ruderi di castello proprio nei loro paesi abbandonati e sconosciuti. Molti non capiscono qual è la grande ricchezza di questi luoghi, che la svalutazione operata dal mondo civilizzato ed occidentale ha reso ancora più succulenti, in quanto vergini e suggestivi. Roccabascerana e Pietrastornina conservano i resti dei loro castelli su una roccia, in entrambe i casi si tratta di un masso imponente che sorge al centro del paese. Sono castelli risalenti all’epoca longobarda, successivamente rimessi alle contese dei conti svevi ed angioini. I centri che si incontrano lungo il sentiero sono poco affascinanti invece dal punto di vista urbanistico ed architettonico, non essendo borghi antichi e di vecchia età. Si tratta per lo più di ricostruzioni recenti avvenute in seguito alle scosse telluriche dell’80. Le ferite inferte dal terremoto hanno reso inagibile la gran parte delle abitazioni di questi paesi e la ricostruzione è stata rifatta sulla base di uno stile moderno affrettato, in cui sono prevalse, purtroppo, strutture minicondominiali e semimontane, vernici talvolta troppo accese e marmi eccessivamente luccicanti e bianchi. L’unica eccezione è rappresentata da Summonte (Sub Monte = sotto al monte), autentica gemma dell’irpinia occidentale. Nel borgo alle porte di avellino infatti, sia la torre angioina che la chiesa di San Nicola e i suoi dipinti all’interno, che le porte di accesso alla città meritano di essere visitate. Mimmo, proprietario del Bar “Sotto i Tigli”, mentre mi prepara un caffè e mi parla dell’Avellino che anche quest’anno retrocederà in serie C, mi spiega che a Summonte hanno ricostruito il paese esattamente uguale a com’era prima. Mi dice che per tornare a Montesarchio potrei prendere la trada a scorrimento veloce per Altavilla Irpina. Ma io desisto, preferisco rifare il percorso e procedere a ritroso per rileggere quei panorami nel senso inverso, per vedere quello che ho visto solo da un lato, che quindi non ho visto ancora...
La storia di Piero
1 mese fa
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